Se nella formazione di Raspantini l'attrice aveva pesanti mansioni capocomicali come responsabile dello svolgimento delle prove, ora, sollevata dagli onerosi incarichi, svolge la sua attività sotto la completa supervisione di Talli: «La Gramatica della prima maniera era anche direttrice, lei faceva i tagli ai lavori, distribuiva le parti, metteva in scena, dava le intonazioni. Si inquietava, non ammetteva repliche, era sempre nervosa e quando toccava dire a lei non c'era caso che alzasse la voce. Ora invece non si occupa che della sua parte. Puntuale alle prove è la prima a dare l'esempio della sottomissione a Talli, direttore energico che non ha per lei, socia, e Prima attrice, alcuna distinzione. L'Irma Gramatica ha compreso così bene, ed è tanto lieta di ciò che mai vi fu tra lei e il socio direttore il menomo screzio» (Enrico Polese Santarnecchi, Come provano le nostre attrici, «L'Arte drammatica», 16 marzo 1901). Così l'attrice trova le migliori condizioni per esprimersi artisticamente, non essendo probabilmente adatta, per limiti caratteriali, a coordinare un lavoro di squadra, mansione a cui tornerà nel proseguimento della carriera e in condizioni che esaspereranno il rapporto coi colleghi e ridimensioneranno ogni forma di gratificazione personale.
In questo periodo continuano le intermittenze interpretative, che danno adito, nella critica, ai più disparati tentativi di spiegazione. Secondo Gaspare Di Martino sarebbero un segnale della caduta di tensione emotiva del testo interpretato, dunque principalmente imputabili al drammaturgo. Secondo Edoardo Boutet sarebbero determinate dalla mancanza di un'approfondita e specifica 'cultura' teatrale, difetto che renderebbe l’attrice incapace di giungere ad una visione d'insieme dello spettacolo e dunque di risollevarne le parti di contorno.
Particolare interesse merita l'opinione di Riccardo Sonzogno, espressa in un libello edito intorno al 1906, di cui una copia, ora nel fondo Dominici Treves della biblioteca romana del Burcardo, era conservata dalla stessa Irma, che vi aveva apposto la sigla: «Questa è una delle poche cose rimaste con me e di me» (la sottolineatura è dell'attrice). Secondo Sonzogno le intermittenze dipenderebbero dal fatto che la Gramatica sentirebbe troppo profondamente il personaggio, tanto da rimanerne a tratti schiacciata e annichilita, diventando completamente impotente: «In certe scene, quasi fosse sbattuta da una tempesta morale che l'annienti, ella rimane muta, desolata... non dice nulla per lungo tempo... non ha un sospiro, non un gesto... nulla... si vede giungere sul suo viso, a poco a poco... il pianto!...» (Riccardo Sonzogno, Irma Gramatica, s.l., s.n., [1906], p.n.n.). In altri casi le intermittenze dipenderebbero effettivamente dalla malcelata scarsa considerazione del testo interpretato: «Ella non si dà talvolta pensiero di restar sulla scena come fosse in casa sua e spesso si lascia prender dalla noia... dalla noia di ciò che non le garba e non sente... dai difetti sparsi qua e là nelle opere d'arte incomplete» (ivi, p.n.n.).
Il profilo dedicato all'attrice da Alessandro Varaldo nel 1910 si sofferma a lungo sul periodo trascorso nella Compagnia Talli-Gramatica-Calabresi e, riallacciandosi idealmente alla prefazione di Oriani del 1900, esalta le prove zingaresche offerte dall’attrice nei personaggi di Paolina di Sperduti nel buio di Roberto Bracco e di Mariza/Fioretta in Fuochi di San Giovanni di Hermann Sudermann. Varaldo mette in evidenza come questi aspetti tribali contrastino decisamente con le modalità espressive più controllate dei colleghi di lavoro: «Avrete forse udita, dalla disciolta grande compagnia [Talli-Gramatica-Calabresi], la Raffica: comparate il gioco di Irma Gramatica e quello del Ruggeri ed anche quello del Calabresi nel secondo atto. L'attrice è indemoniata, mentre l'attore si regge le briglie; l'attrice ha bisogno di gettare le braccia al collo, di gridare, di afferrare, di trascinarsi a ginocchio; l'attore non ha che un gesto represso di minaccia se è Calabresi, non ha che un corruscar di occhi ed un moto dell'angolo della bocca se è Ruggeri. Così Irma Gramatica nei momenti d'ascesa prodigiosa ritrova il suo fantasma ideale, che le sfugge dalle mani se la normalità s'impone. E la normalità s'impone sulla scena come nella vita. È per questo che gli occhi neri della donna perdono il fulgore se tace e non ascolta, per questo che l'arte dell'attrice si smarrisce nella calma. Signora, gran dama o regina, in salotto e sul trono, se posa, se tace, se non agisce o non ha controscene vive, ma parla tranquilla e gioca di correttezza, Irma Gramatica discende giù giù sino a stupire inversamente: febbrilmente gioconda o viperea, dolorante od appassionata, ma di spasimo sanguinoso, risale vertiginosamente» (recensione del 1906 di La raffica di Henry Bernstein, edita in Alessandro Varaldo, Tra viso e belletto: profili d'attori e d'attrici, Milano, Quintieri, 1910, p. 144).
L'interpretazione più significativa del periodo è il ruolo di Mila di Codra in La figlia di Jorio di Gabriele D'Annunzio, personaggio dai caratteri zingareschi, fatali e primordiali e pietra miliare nella carriera della Gramatica. La parte le si addice perfettamente per intensità temperamentale, ma Irma assolve con molta fatica all'impresa, gravata da una seria indisposizione vocale e costretta, nel corso della stagione, a ritirarsi dalla produzione. Il lavoro debutta al Teatro Lirico di Milano il 2 marzo 1904 (tredici repliche) ed è poi ripreso al Teatro della Pergola di Firenze (26 marzo 1904) e al Politeama livornese (29 marzo 1904). Nel corso delle recite allestite al Teatro Nazionale di Roma (dal 2 aprile 1904) Irma è a volte sostituita da Teresa Franchini; si esibisce invece al Teatro Paganini di Genova (27 e 28 aprile 1904), mentre al Teatro Goldoni di Venezia (prima metà di maggio) è nuovamente rimpiazzata dalla Franchini, come anche al Teatro Verdi di Trieste, quando il passaggio di consegne avviene addirittura nell'intervallo di uno spettacolo. Poi lascia temporaneamente la compagine per curarsi a Bologna, sostituita dalla Franchini che le subentra fino alla fine del tour che prosegue al Teatro Alfieri di Torino (fine di maggio) e, in giugno, a Napoli (Teatro Politeama), Palermo (Teatro Biondo), Messina e Chieti per lo spettacolo conclusivo allestito alla presenza dell'autore.
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