«Archivio Multimediale degli Attori Italiani», Firenze, Firenze  University Press, 2012.
eISBN: 978-88-6655-234-5
© Firenze University Press 2012

Attore > cinema, teatro
NomeRuggero
CognomeRuggeri
Data/luogo nascita14 novembre 1871 Fano (Pesaro-Urbino)
Data/luogo morte20 luglio 1953 Milano
Nome/i d'arte
Altri nomi
  
AutoreAlbarosa Camaldo (data inserimento 01/02/2006; data aggiornamento: 30/11/2011)
Ruggero Ruggeri
 

Sintesi | Biografia| Formazione| Testo completo

 

Interpretazioni/Stile

«La straordinaria carica emotiva che arricchiva la sua voce di risonanze arcane, strazianti e pur dolcissime, non troverà, credo, riscontri. Era irresistibile, arrivava in fondo all’anima, la turbava, la rapiva, la esaltava e con tale semplicità di mezzi che è impossibile capirne e spiegarne il segreto. Era una voce poetica, una voce cioè che di per se stessa sapeva conferire alle parole novità e risonanze d’espressione, avvolgerle di quell’aura misteriosa, tra malinconia e musica, che è l’essenza della poesia». (Ermanno Contini, La scomparsa del più grande attore del teatro italiano. È morto Ruggero Ruggeri, «Il messaggero», 21 luglio 1953). Tali parole, scritte il giorno dopo la morte di Ruggeri, tracciano le  caratteristiche della sua dizione: Ruggeri viene considerato dai suoi contemporanei un attore moderno per la particolarità della sua recitazione dovuta all’unicità della sua voce giocata e costruita con i toni bassi, ma in modo che tutte le sillabe vengano pronunciate in maniera chiara e nitida.  Alcuni critici, che lo sentono recitare, non riescono a capirne la carica innovativa proprio perché la sua recitazione sobria esce dai canoni tradizionali dell’attore che declama.

All’indomani della sua rivoluzionaria interpretazione del pirandelliano Tutto per bene, un critico acuto come Marco Praga rimane stupefatto dalla maniera di Ruggeri di interpretare la drammatica scena in cui Martino Lori scopre l’infedeltà della moglie, ormai defunta, e afferma: «Ruggero Ruggeri in Martino Lori non mi ha convinto. È un attore di primo ordine, indubbiamente, ma un attore nel quale la passione non penetra dentro. La passione non lo macera. La gran scena del secondo atto, a parer mio, l’ha detta a fior di pelle. Disse bene, sì, e soavemente con belli atteggiamenti espressivi, ma troppo spesso disse freddo. Non vibrava! Le parole gli uscivan dalle labbra, non dall’anima. E l'anima non appariva in tumulto. Misura? Eh, no! Se io mi pungo, grido: ahi! Lo grido. Se il mio cuore è ferito, se l'anima angosciata, se un avvenimento mi fa allibire o mi annienta, quel po' di voce che mi resta m’esce dalla bocca in ben altro modo che se ho da dire al mio barbiere: "fatemi la barba"» (Marco Praga, Un Pirandello nuovo, «Illustrazione italiana», 10 maggio 1918).

Altri non capiscono l’originalità della sua dizione, poiché considerano Ruggeri ‘afono’; celebre è la maniera con cui lo appella Anton Giulio Bragaglia: «fioco sacro», nonostante la sua voce arrivi chiara fino in fondo alla platea. Essi non comprendono la modernità di Ruggeri, la sua differenza rispetto ad altri attori: egli esprime un dolore tutto interiore, misurato, controllato e non dichiarato in maniera enfatica come facevano gli attori a lui precedenti e contemporanei. Per la sua innata caratteristica vocale la recitazione ruggeriana, sommessa e allusiva, ricca di sottigliezze umoristiche e di scatti drammatici, sembra invece destinata a valorizzare la scrittura di Pirandello. E  l'incontro con i personaggi pirandelliani è avvenimento fondamentale nella sua carriera; in Pirandello, infatti, l’attore trova il linguaggio sottile nella parola mascherata di finissimo umorismo, che cela le seducenti ‘cerebralità’ del pensiero dell'autore arricchendo così le sue intonazioni: Ruggeri aggiunge pause, sottintesi, riflessioni allusive, rendendo la sua recitazione più sottile e profonda, ricca di accorgimenti e di misura. Ruggeri infatti  incatena il pubblico al suo gioco serrato di pause, di concitazione, di pianto represso, di angoscia. Nessuno meglio di lui poteva rendere la drammaticità del dolore trattenuto del Martino Lori pirandelliano e la decisione di fingere che tutto sia come prima, rimanendo imperturbabile.  

Alcuni storici hanno cercato di classificare la sua particolare intonazione: Paolo Puppa parla di voce «senza corpo», poiché sostiene che l’attore sembra «farsi assente in scena, pur così magneticamente presente nell’ottica del suo pubblico» (Paolo Puppa, I repertori di Ruggeri come miti personali, in Un grande attore e il suo repertorio, Roma, Ursini, 1988, p. 28); Paolo Emilio Poesio la definisce «cantata» considerandola come proveniente da «distanze inenarrabili» (Paolo Emilio Poesio, Ruggero Ruggeri, mito e realtà, in Fano per Ruggeri. Ritratto di un grande attore, Fano, Biblioteca comunale Federiciana, 1988, p. 7).

Fatto risaputo è che molti attori dopo di lui - ed anche le persone comuni - cercarono di imitare la particolarità della sua voce, cosicché si creò una maniera che rendeva facilmente riconoscibile la sua recitazione nella vana imitazione degli epigoni. Solamente sentendolo recitare si può valutare appieno la forza e l’espressività di ogni parola che, detta da lui, diviene magica: l’intonazione è impostata sui toni bassi, sui quali egli cesella le parole, attribuisce ad ognuna un suo peso e un suo valore così da evidenziarle una per una. La sua recitazione sembra una spiegazione del testo tanto è il valore che ogni fonema assume nella sua pronuncia. Ruggeri ricama sulle parole arricchendole di vibrazioni musicali: la sua sobrietà, il nitore della dizione, il mettere in luce ogni battuta e nella battuta ogni parola, il riempire di significato le pause, il colorire senza ‘colore’, il gridare senza urli, il sussurrare chiaro, il rivelare tutto il mistero di un personaggio caratterizzano il suo stile di recitazione, che regola le sue forze con un'attenzione e una perspicacia davvero miracolose e con una forza chiarificatrice per cui, mentre recita, commenta.

 
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